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Scalo Sogni: Ettore Campana, la forza di un sogno che pedala e scala per i bambini

Scalo Sogni, intervista a Ettore Campana

Scritto da fra.cycloergosum

Cantastorie, storyteller, bikepacker e viaggiatore incallito. Folle ideatore del motto "Cyclo Ergo Sum" (pedalo quindi sono), frullatore impazzito in salita, sussurra spesso ai Mucchinyyy incitandoli a gettare al cielo Sulemanyyy.

21 Maggio 2025

Contenuto dell'articolo:
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Viaggiamo con Ettore e il suo Scalo Sogni. Ecco l’intervista

Cosa succede quando l’amore per la montagna incontra la volontà di fare del bene? Nasce qualcosa come Scalo Sogni, un progetto unico e toccante che unisce avventura, sport estremo e solidarietà. Ne è protagonista Ettore Campana, trentenne bresciano, che ha attraversato in solitaria le Alpi, il Sudafrica e il Caucaso, combinando bikepacking e scialpinismo per portare simbolicamente sulle vette i sogni e il coraggio dei bambini malati di tumore dell’Ospedale di Brescia.
In questa intervista Ettore ci porta dietro le quinte del suo percorso umano e fisico, tra ostacoli imprevisti, incontri inattesi e la forza di un legame nato a distanza con chi da un letto d’ospedale ha sognato con lui. Un racconto autentico di libertà, fatica e gentilezza.

Genesi del progetto e la motivazione personale

Come è nata l’idea di unire il bikepacking allo sci alpinismo per Scalo Sogni? Qual è stata la scintilla che ha trasformato il sogno in realtà?

Il desiderio è stato quello di vivere un’esperienza autentica, in rispetto della Natura e che valorizzasse il percorso del cammino. Unire le mie passioni in un’unica grande avventura, dedicando il progetto a una causa sociale. La scintilla che ha permesso a Scalo Sogni di diventare realtà è stata l’amicizia nata con Tony Gialdini, il quale mi ha proposto di coinvolgere nel progetto il reparto di Oncoematologia Pediatrica di Brescia.

Durante le tue avventure ti sei spesso trovato a spingere i tuoi limiti: qual è stata la sfida più inaspettata che ti ha cambiato come persona?

Alcuni limiti sembrano impossibili finché poi all’improvviso non vengono superati; penso che in questi progetti la sfida più difficile, al di là dei traguardi personali e sportivi, sia stata di essere riusciti a fare del bene, ispirando le persone e i bambini a credere fortemente nei loro sogni e avere passione per la vita.

Il viaggio è un mezzo per esplorare il mondo ma anche se stessi. Come ti ha trasformato Scalo Sogni, non solo come sportivo, ma come uomo?

Scalo Sogni, che a oggi ha vissuto quattro capitoli, è senza dubbio il progetto più importante che abbia realizzato. Un percorso il cui successo è stato possibile grazie all’aiuto, al supporto ed alla collaborazione di persone che hanno creduto fortemente nella sua realizzazione. Scalo Sogni mi ha dato la forza di avere fiducia nel prossimo, ricordandomi che là fuori c’è ancora gente dal cuore grande.

Simona Casana, in sella contro le leucemie 2024 | Pedailiamo insieme da Casa AIL

Rapporto con i bambini

Qual è stata la reazione più sorprendente o emozionante dei bambini che seguivano le tue avventure?

All’inizio non è stato semplice coinvolgere i bambini e guadagnarsi la loro fiducia. Oltre alle diverse visite fatte in reparto prima della partenza, penso sia stata cruciale l’interazione quotidiana tramite la nostra chat WhatsApp. Ogni giorno condividevo con loro i momenti salienti della giornata, cercando di rimanere positivo anche di fronte alle difficoltà per ispirarli e trasmettergli tenacia e forza di volontà.

Portare in vetta le bandierine firmate dai piccoli pazienti è un gesto potente. Qual è stato il momento più simbolico in cui hai sentito il loro spirito accanto a te?

Quei semplici pezzi di stoffa, man mano che macinavo chilometri e raggiungevo vette, hanno acquisito un’aura straordinaria; qualcosa di spiritualmente molto forte, che mi ha conferito una carica pazzesca.
In quelle bandierine erano racchiusi i sogni di guarigione dei piccoli campioni e la mia “missione sociale” era diventata quella di farle sventolare nella purezza dei cieli.
Ricevere i loro messaggi di incoraggiamento, i vocali o le loro fotografie, è stato il momento dove li ho sentiti più vicini.

Avventure vissute

Tra le Alpi, il Sudafrica, il Caucaso ed il Karakorum, quale territorio ti ha messo più alla prova e perché?

Ogni viaggio ha avuto le sue sfide e difficolta: sulle Alpi ho dovuto testare per la prima volta il complesso set-up bici-scialpinismo, in Sudafrica sono uscito dalla mia comfort zone affrontando climi torridi e superando ambienti sociali difficili, nel Caucaso ho esplorato montagne selvagge, mentre nel Karakorum mi sono dovuto confrontare con ambienti aridi ed imponenti. Senza il supporto dei popoli locali, nessuno di questi viaggi sarebbe stato realizzabile.

Hai raccontato di momenti difficili, come il maltempo nel Caucaso e i cani randagi. C’è stato un momento in cui hai pensato di mollare? Come lo hai superato?

I cani randagi del Caucaso sono stati una sorpresa inaspettata: dopo soli due giorni di viaggio mi sono ritrovato completamente rauco e senza voce per via delle mie urla di difesa. Ho dovuto proseguire il viaggio con grande allerta, oltre che tenere manciate di sassi nelle tasche della maglietta.
Il maltempo ha poi complicato le cose ed un giorno sono rimasto bloccato nel fango, con la bici talmente pesante che era impossibile da spingere; per fortuna sono giunti in mio soccorso due contadini comparsi a sorpresa dal bosco: in tre abbiamo sollevato la bici di peso per diversi chilometri, superando torrenti e piste di fango impraticabili.

La salita del Monte Bianco con condizioni meteo instabili è stata definita una delle tue imprese più difficili. Cosa hai provato una volta raggiunta la vetta?

Una forte emozione e un profondo senso di gratitudine per la vita.

Simona Casana, in sella contro le leucemie 2024 | Pedailiamo insieme, il gruppone

Logistica e mezzo di trasporto

Come si organizza un viaggio che combina bikepacking e sci alpinismo? Quali scelte tecniche sono state fondamentali per il successo del progetto?

Per un viaggio di questo genere c’è bisogno di una buona logistica e di attrezzatura di qualità: fondamentale è stato il supporto di “Gialdini” che ha curato l’aspetto organizzativo e l’attrezzatura alpinistica, e di “State of Bike”, con il quale abbiamo preparato la bicicletta e studiato il set up di bikepacking più accurato.

Hai dato un nome speciale alla tua bici: Shenron. Come mai questa scelta e che ruolo ha avuto lei nelle tue imprese?

Ho voluto chiamare la Ritchey Outback Shenron perché il suo colore verde accesso mi ha ricordato il mitico drago delle sfere magiche di Dragon Ball. Chi di noi non ha sognato almeno una volta di correre sulla sua schiena infinita?

Simona Casana, in sella contro le leucemie 2024 | Pedailiamo insieme, il gruppone

Connessioni umane

Durante il viaggio hai incontrato persone che ti hanno ospitato o sostenuto. C’è una storia particolare di umanità che ti ha colpito e che non dimenticherai mai?

L’ospitalità ricevuta durante questi progetti ha reso ancora più speciali le avventure intraprese; ricevere l’aiuto genuino di un perfetto sconosciuto è un’esperienza che ti segna e ti rimarrà dentro per sempre; in un mondo sempre più frenetico ed individualista, l’esser gentili senza aspettarsi nulla in cambio è una qualità che innalza l’essere umano.

Storie di umanità ne avrei molte da raccontare, forse però, quella più speciale è avvenuta in Sudafrica, dove le mie tappe furono scandite da chi mi avrebbe ospitato la notte successiva. Si verificò un vero e proprio passaparola tra i locali, i quali vollero aiutarmi profondamente, assicurandosi che fossi in salvo.

La chat WhatsApp con i bambini e le famiglie ha creato un legame unico. Come descriveresti questo rapporto nato a distanza?

L’intuizione di creare la chat WhatsApp è stata cruciale per tener vivo il rapporto con le famiglie: condividendo con loro ogni momento e raccontandogli a cuore aperto gli avvenimenti, siamo riusciti a rimanere connessi anche a migliaia di chilometri di distanza. In molte occasioni è stato come se ci fossero anche loro in sella con me.

Simona Casana, in sella contro le leucemie 2024 | Pedailiamo insieme, il gruppone

Valori e significato del viaggio

Cosa speri che i bambini ricoverati abbiano imparato seguendo il tuo viaggio? E cosa hai imparato tu da loro?

Spero di cuore che Scalo Sogni sia stato in grado di trasmettergli forza, volontà, determinazione, autostima, coraggio, speranza e soprattutto passione per la vita.
Da loro ho imparato moltissimo; mi hanno fatto realizzare ancor di più la fortuna di essere in salute, un concetto dato sempre per scontato ma che non lo è affatto. Mi hanno fatto capire cosa significhi non mollare e inseguire un sogno. I piccoli campioni sono i veri protagonisti di Scalo Sogni ed è loro che dobbiamo guardare con rispetto e ammirazione.

Hai più volte menzionato il valore dell’adattabilità e della pazienza. Come questi valori si traducono nella vita quotidiana al di fuori delle montagne?

Penso che siano due concetti che, se fatti propri, possano aiutarti ad affrontare le sfide della vita, non solo le salite alpinistiche. Essere in grado di aspettare il momento propizio e di rinunciare in condizioni avverse, sono capacità che possono portarti lontano e accrescere il tuo impegno futuro per il traguardo.
L’adattabilità è un’altra grande capacità che ogni viaggiatore dovrebbe aver sviluppato, permettendoti di affrontare problematiche e situazioni scomode con maggior lucidità.

Simona Casana, in sella contro le leucemie 2024 | Pedailiamo insieme, sorrisoni

Guardando al futuro

Dopo il Caucaso hai affermato che la pagina successiva è tutta da scrivere. Ci puoi dare qualche indizio sui tuoi prossimi sogni e avventure?

La mia ultima avventura è avvenuta tra Pakistan e Cina, superando la Karakorum Highway, la strada internazionale più alta al mondo.
È stato un viaggio avvincente ed intenso, rivelatosi piuttosto complicato in alcune situazioni.
Vi lascio il link dell’intervista se desiderate saperne di più.
Sogni nel cassetto ne ho ancora molti e non vedo l’ora di scoprire dove mi porterà il vento del destino.

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